Archivio degli autori Fabrizio Fiorelli

24 Novembre 2023

Studio: attività fisica intensa 2-3 minuti al giorno allunga la vita

24, novembre 2023 – Pochi minuti di attività fisica intensa, come una corsetta per non perdere l’autobus, possono allungare la vita, ad esempio arrivando fino a quasi dimezzare il rischio di morte per cause cardiovascolari. Lo indica lo studio dell’università di Sydney pubblicato sulla rivista Nature Medicine. Si è visto che brevi e vigorosi atti di attività fisica della durata di uno o due minuti, che si svolgono nell’ambito della vita quotidiana – come una camminata molto veloce – sono associati a una sostanziale riduzione del rischio di morte.

Emmanuel Stamatakis e colleghi hanno analizzato i dati degli accelerometri indossati da 25.241 partecipanti alla UK Biobank, che hanno dichiarato di non praticare attività fisica nel tempo libero (quindi di non andare in palestra o praticare uno sport con regolarità). Per questo gruppo, con un’età media di 61,8 anni, erano disponibili dati sulla mortalità per un periodo medio di 6,9 anni, durante il quale si sono verificati 852 decessi. Gli autori della ricerca hanno riscontrato che le persone che praticavano un’attività fisica intermittente vigorosa (VILPA), definita come un’attività della durata massima di uno o due minuti nel quotidiano, presentavano rischi sostanzialmente ridotti di mortalità per tutte le cause, per cancro e per cause cardiovascolari, rispetto alle persone che non praticavano la VILPA. I ricercatori hanno osservato che tre occasioni di VILPA al giorno, della durata di uno o due minuti ciascuna, sono associate a una riduzione del 38-40% del rischio di mortalità per tutte le cause e per cancro e a una riduzione del 48-49% del rischio di mortalità per malattie cardiovascolari. La riduzione del rischio di mortalità era simile ai benefici di un’attività fisica vigorosa tra i 62.344 partecipanti alla UK Biobank che invece praticavano attività fisica nel tempo libero. Quindi le persone che non possono o non vogliono fare esercizio fisico possono comunque trarre grandi benefici dalle brevi occasioni di attività vigorosa che si verificano nel corso della vita quotidiana, come una breve ma intensa corsa o una passeggiata di buon passo.

23 Novembre 2023

Covid, esperti: malattia da non sminuire per la salute pubblica

23, novembre 2023 – L’infezione gira più di quanto pensiamo, sebbene l’ospedalizzazione non sia più così impattante come in passato, grazie a una riduzione della patogenicità e all’immunizzazione generalizzata. Vi sono però i pazienti fragili, esposti alle conseguenze più gravi del Covid-19 e ai ricoveri in terapia intensiva, da tutelare e da vaccinare, come hanno insegnato i 7 milioni di morti e le 13 miliardi dosi di vaccino somministrate a livello globale. Questa fase si contraddistingue quindi per la protezione della popolazione più fragile, attraverso la campagna di vaccinazione e un uso precoce dei farmaci antivirali, nonché per l’attenzione al Long Covid, i cui studi si stanno sviluppando proprio in questo periodo. Per far fronte a queste esigenze, la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali – SIMIT si è messa alla guida di un progetto educazionale pensato in collaborazione con i colleghi della Società Italiana di Medicina di Emergenza e Urgenza (SIMEU) con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza delle risorse e delle opzioni terapeutiche combinate, per affrontare il Covid tra i diversi clinici coinvolti, a partire dai medici di medicina generale della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie – SIMG, fino ai diversi specialisti coinvolti nella cura della fase più avanzata della malattia e nel Long COVID. “Finalmente le nuove linee guida OMS del 10 novembre scorso identificano le priorità tra i pazienti che con infezione da SARS-CoV-2 necessitano di accedere alla terapia precoce – evidenzia Emanuele Nicastri, membro direttivo SIMIT e Direttore UOC Malattie Infettive Alta Intensità di Cura INMI Spallanzani – sono tutti gli immunocompromessi per i motivi più diversi. Il rischio di ricovero o decesso arriva sino al 6%. Questi pazienti devono essere sensibilizzati a fare subito il tampone naso-faringeo in caso di sintomi simil influenzali e, in caso di positività, ad accedere immediatamente alla terapia precoce antivirale attraverso i medici di medicina generale o gli ambulatori ospedalieri di terapia antivirale precoce”. Il programma educativo a cui stanno lavorando le società scientifiche SIMIT, SIMG, SIMEU mira a migliorare le conoscenze a partire dalla patogenesi, dalle caratteristiche cliniche e dalla storia naturale dell’infezione da SARS-CoV-2 per migliorare la gestione clinica del paziente. “Oggi la lotta al COVID parte dal territorio, grazie alla possibilità di accesso a terapie preventive che possono essere somministrate a seguito di diagnosi precoci – sottolinea Claudio Mastroianni, Presidente SIMIT -. Per favorire le diagnosi precoci è fondamentale una sinergia tra diverse discipline, con i medici di famiglia che possono identificare i pazienti più fragili e inviarli al trattamento, in virtù anche delle migliori conoscenze di cui oggi disponiamo. A questo si aggiunge la necessità di una maggiore attenzione per i disturbi post COVID, che, in quanto malattia multifattoriale, necessita di un approccio multidisciplinare, in cui l’infettivologo si conferma il regista dell’azione”. In questo quadro aggiornato anche la medicina di emergenza-urgenza gioca un ruolo strategico. “In queste settimane in cui pure i contagi corrono, si denota un numero limitato di patologie acute, che colpiscono prevalentemente i pazienti anziani fragili – sottolinea Alessandro Riccardi, Consigliere nazionale SIMEU e Responsabile della formazione – diventa pertanto opportuno condividere un approccio con gli infettivologi che preveda maggiore dinamicità nel processo assistenziale, superando il concetto dei reparti COVID, mentre ogni specialità dovrebbe prendere in carico i propri pazienti e lasciare agli infettivologi il paziente con il maggiore coinvolgimento polmonare e una malattia da COVID più elevata, prestando attenzione soprattutto alle comorbidità. Si deve ripensare anche la gestione intraospedaliera, che deve svilupparsi all’insegna di una maggiore elasticità nei reparti”.

22 Novembre 2023

Influenza, raggiunto il picco delle vaccinazioni

22, novembre 2023 – Ferve l’attività di somministrazione del vaccino antinfluenzale negli studi dei medici di famiglia per fragili, anziani, categorie a rischio, per le quali l’immunizzazione è fortemente raccomandata.
Il picco delle somministrazioni in queste fasce di popolazione si può dire raggiunto, secondo Claudio Cricelli, presidente Simg, Società italiana di medicina generale e delle cure primarie. L’influenza come somministrazioni “è a buon punto, direi a tre quarti dell’obiettivo da raggiungere -specifica infatti Cricelli – E coloro la fanno tradizionalmente, quindi gli ultra sessantenni, le persone con patologie, i grandi anziani, le persone vulnerabili, hanno già fatto il vaccino. E ormai ci sono tutti gli appuntamenti pieni fino ai primi di dicembre. Il grosso della vaccinazione viene effettuata fino ai primi di dicembre, quindi al massimo fra una decina di giorni noi avremo fatto la maggior parte dei vaccini”. I medici propongono ai fragili il vaccino Covid assieme a quello per l’influenza con “una buona adesione”. “C’è ormai una tradizione – aggiunge – per cui anche se non riusciamo a raggiungere gli obiettivi ideali che sono quelli di avere 12-13 milioni di vaccini, una larga parte della popolazione che ne ha diritto viene vaccinata ed è abituata a fare il vaccino. Soprattutto gli anziani sono ben abituati a questo. Ne stiamo vaccinando tantissimi. In moltissime Regioni, poi, poiché coloro che devono vaccinarsi appartengono grossomodo alla stessa categoria, quindi sopra i 65 anni, persone con patologie,a rischio, viene effettuata la doppia vaccinazione nella stessa seduta. Questa ormai è una procedura consolidata”. Chi non si è ancora vaccinato è invitato dai medici di famiglia a farlo, meglio se in tempi stretti. “La protezione contro l’influenza – conclude Cricelli – avviene dopo 10-15 giorni dalla somministrazione del vaccino. Quindi prima ci si vaccina, meglio è. Chi si vaccina in questo momento sarà protetto ai primi di dicembre, quindi il consiglio è anticipare la vaccinazione e non aspettare l’ultimo momento. Ma comunque, anche se ci si ricorda tardi, vale la pena di farla lo stesso. I vaccini ci sono, ce ne sono in quantità sufficienti a coprire tutto il fabbisogno e la richiesta”.

21 Novembre 2023

Alimentazione, 10 anni di vita in più per chi passa a dieta sana

21, novembre 2023 – Più cereali integrali, frutta secca, frutta. Meno bevande zuccherate e carni lavorate. Se una quota crescente di popolazione si converte a una dieta sana, l’aspettativa di vita si impenna e può crescere anche di 10 anni. E’ quanto emerge da uno studio condotto in Uk e pubblicato su ‘Nature Food’, che mostra l’impatto concreto della scelta di spostarsi verso abitudini salutari a tavola. Nel Regno Unito, spiegano gli autori, si stima che le diete malsane causino più di 75mila morti premature ogni anno, di cui quasi 17mila nella fascia d’età tra 15 e 70 anni. Il governo britannico e l’agenzia Public Health England hanno incoraggiato la popolazione a sposare modelli alimentari più sani, secondo le raccomandazioni della guida ‘Eatwell’. E’ servito? E un eventuale switch ha avuto effetti osservabili? E’ quello che il team – proveniente da diversi atenei, dall’università di Bergen in Norvegia all’università di Glasgow e di Newcastle in Uk – ha cercato di capire.

Utilizzando i dati, provenienti dalla Uk Biobank, gli autori dello studio hanno rilevato che il cambiamento da modelli dietetici non salutari a regimi alimentari basati sulle raccomandazioni dietetiche della guida Eatwell è associato a un aumento di 8,9 e 8,6 anni nell’aspettativa di vita rispettivamente degli uomini e delle donne di 40 anni. Nella stessa popolazione, un cambiamento alimentare prolungato da modelli alimentari non salutari a modelli alimentari associati alla longevità è risultato associato a un aumento dell’aspettativa di vita di 10,8 e 10,4 anni rispettivamente nei maschi e nelle femmine. “I nostri risultati hanno mostrato che il modello alimentare associato alla longevità prevedeva un’assunzione moderata di cereali integrali, frutta, pesce e carne bianca; un elevato apporto di latte e latticini, verdure, frutta secca e legumi; un consumo relativamente basso di uova, carne rossa e bevande zuccherate; un basso apporto di cereali raffinati e carne lavorata”, elencano i ricercatori. Fra le indicazioni utili emerse dalla ricerca c’è anche un’indicazione su quali sono stato i cambiamenti a tavola che hanno garantito maggiori ‘guadagni’. Le associazioni inverse più forti con la mortalità (in termini di riduzione dei rischi, quindi) riguardavano i cereali integrali e la frutta secca. Mentre le associazioni positive più forti con la mortalità – quindi i fattori che incidevano in maniera da amplificare i rischi – riguardavano le bevande zuccherate e la carne lavorata. Di conseguenza, aumentando i consumi di cereali integrali e frutta secca e diminuendo quelli di bevande zuccherate e carni lavorate, si ottenevano i guadagni più elevati in termini di aspettativa di vita. Guadagni tanto minori quanto più lungo è il ritardo nell’avvio della svolta verso la dieta sana. Anche se, puntualizzano gli esperti, pure per coloro che iniziano il cambiamento dietetico all’età di 70 anni il guadagno nell’aspettativa di vita si è visto, ed è stato calcolato in circa la metà di quello raggiunto dagli adulti di 40 anni.

17 Novembre 2023

Cibi industriali legati a cancro, diabete e malattie cardiache

17, novembre 2023 – Sono entrati nelle nostre diete perché saporiti e facili da preparare. Tuttavia i cibi ultra-processati possono avere effetti negativi sulla salute.  L’ultima conferma arriva da uno studio, coordinato dalla International Agency for Research on Cancer (Iarc), pubblicato su The Lancet Regional Health – Europe, che ha osservato che all’aumentare dei consumi di cibi ultra-processati cresce il rischio di sviluppare simultaneamente cancro, malattie cardiovascolari e diabete.

I cibi ultra-processati sono “prodotti fabbricati industrialmente che comprendono componenti alimentari decostruiti e modificati, ricombinati con una varietà di additivi”, spiegano i ricercatori. La loro diffusione è aumentata in tutto il mondo e “rappresentano oggi il 50-60% dell’apporto energetico giornaliero in alcuni Paesi ad alto reddito”. La ricerca ha analizzato i dati di un grande progetto di ricerca europeo denominato Epic (European countries in the European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition) per verificare se esiste una relazione tra consumo di questi alimenti e multimorbilità, vale a dire la comparsa di almeno due malattie croniche: nello specifico, almeno due tra cancro, malattie cardiovascolari e diabete. Dalla valutazione dei dati di 266 mila partecipanti seguiti per oltre 11 anni è emerso che per ogni aumento di 260 grammi al giorno di cibi ultra-processati si registra una crescita del 9% di malattie multiple. Il rischio, però, non è lo stesso per tutti i prodotti: i prodotti e le salse di origine animale e le bevande dolci aumentano le probabilità di ammalarsi. Al contrario, nessun rischio è stato osservato per chi consuma prodotti ultra-processati di origine vegetale. Tra i Paesi coinvolti nello studio, l’Italia è, dopo la Spagna, quello in cui il consumo di cibi ultra-processati è più basso: in media 207 grammi al giorno per gli uomini e 183 per le donne. I consumi più alti si registrano invece in Olanda per gli uomini e in Germania per le donne.

16 Novembre 2023

Tumori: a causa delle terapie reazioni cutanee per 8 pazienti su 10

16 novembre 2023 – Fino all’80% dei pazienti con un tumore sperimenta sulla propria pelle controindicazioni legate alle terapie. Le reazioni cutanee sono, infatti, associate alle principali terapie tra cui i farmaci chemioterapici. Per contrastarle sono stati messi a punto i protocolli di trattamenti estetici effettuati dalle Specialiste in Estetica Oncologica APEO-Associazione Professionale di Estetica Oncologica. Parte ora lo studio VISSIA che ha l’obiettivo di valutare se questi interventi possano ridurre in modo significativo i sintomi cutanei percepiti e il distress psicologico, migliorando così la qualità della vita delle persone in terapia. Il Comitato Etico per la Sperimentazione Clinica della Provincia Autonoma di Bolzano, presieduto dal Dottor Luca Sebastianelli, ha annunciato l’approvazione della richiesta della Divisione di Medicina Complementare del Comprensorio Sanitario di Merano in collaborazione con la Divisione di Oncologia del Comprensorio Sanitario di Bolzano per la partecipazione allo studio VISSIA “Valutazione della qualità di vita in pazienti con tossicità da trattamenti antiblastici. Studio randomizzato controllato di un protocollo dermocosmetico specifico verso trattamento standard – VISSIA study” proposto dall’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige.

“Ad oggi la tossicità cutanea dovuta ai trattamenti oncologici rappresenta un bisogno clinico insoddisfatto – dichiara il dott. Giuseppe Cristina, Dirigente Medico del Servizio di Medicina Complementare dell’Ospedale di Merano -. Costituisce un problema misconosciuto con ripercussioni significative sulle attività quotidiane e l’aderenza alle cure. La Medicina Complementare si occupa di migliorare la qualità di vita dei Pazienti con diagnosi di neoplasia. Per questo, insieme a tutte le parti in causa, ha disegnato e promuove lo studio, che ha lo scopo di definire un approccio proattivo attraverso riconoscimento precoce delle tossicità cutanee ed un trattamento dermatologico specifico che possa promuovere per il clinico l’ottimizzazione dei trattamenti antiblastici”. “A partire dagli anni ’80, numerose scoperte hanno permesso ai ricercatori di comprendere meglio i meccanismi responsabili della trasformazione neoplastica delle cellule e, di conseguenza, di identificare nuovi bersagli aggredibili da parte di molecole e anticorpi monoclonali conosciuti con il nome di target therapies – continua il dott. Luca Tondulli, Primario del Reparto di Oncologia Medica dell’Ospedale di Bolzano -. La transizione dalla Medicina “generalista” alle Medicina “di precisione”, se da un lato ha comportato un indiscutibile miglioramento dell’efficacia delle cure rispetto ai precedenti farmaci chemioterapici, dall’altro ha richiesto ai clinici di riconoscere e trattare nuove forme di tossicità, peculiari delle recenti terapie. Tra queste si annovera la tossicità cutanea, un effetto collaterale comune a diversi farmaci e anche piuttosto frequente, che si caratterizza per la comparsa di alterazioni funzionali, organiche ed estetiche a carico di pelle, peli, capelli e unghie. Questi eventi rappresentano un reale discomfort per il paziente, e sono spesso poco conosciuti e sottovalutati. Tuttavia, possono costituire un problema serio che può rendere difficoltosa la sopportazione delle terapie e, impattando negativamente sul benessere psico-fisico dell’individuo, compromettere la sua adesione a trattamenti potenzialmente molto efficaci. Il reparto di Oncologia Medica dell’Ospedale di Bolzano ha colto con favore la possibilità di aderire ad uno studio promosso dal Reparto di Medicina Complementare dell’Ospedale di Merano finalizzato al riconoscimento precoce di questa tipologia di tossicità e al loro tempestivo trattamento. Solo grazie ad un intervento immediato e specifico, infatti, sarà possibile migliorare la tollerabilità delle cure e la qualità di vita dei malati, favorendo di conseguenza la continuità del loro percorso terapeutico.”

Lo studio sarà condotto seguendo rigorosi protocolli predefiniti, garantendo così la massima precisione e affidabilità dei risultati. Un elemento fondamentale di questo processo sarà la partecipazione attiva della Specialista in Estetica Oncologica APEO, Olga Manko, il cui contributo esperto nella gestione dei trattamenti estetici in contesti oncologici si prevede possa apportare un valore aggiunto alla ricerca. “Siamo estremamente soddisfatti dell’approvazione del VISSIA Study da parte del Comitato Etico- commenta la dott.ssa Carolina Ambra Redaelli, Presidente di APEO, Associazione Professionale di Estetica Oncologica -. Questo studio rappresenta un passo avanti nella nostra comprensione dei benefici dei protocolli APEO nel supportare i pazienti oncologici. Siamo fiduciosi che i risultati di questo studio, insieme a quelli del 2019, confermeranno l’efficacia dei trattamenti estetici e dei prodotti cosmetici specifici nella riduzione del distress e nel miglioramento della SRQoL. Questa conferma sottolinea l’importanza di includere trattamenti estetici scientificamente validati nella terapia oncologica.”

“Il Consiglio Direttivo dell’Assistenza Tumori Alto Adige – Südtiroler Krebshilfe dall’inizio ha percepito l’importanza di questo progetto perché il protocollo APEO mira a migliorare la così detta SRQoL, Skin-related Quality of Life – commenta Maria Claudia Bertagnolli, Vicepresidente dell’Assistenza Tumori Alto Adige-Südtiroler Krebshilfe -. Gli effetti negativi delle terapie oncologiche aumentano lo stress, l’autoisolamento sociale, i disturbi dell’umore con il conseguente rischio di interruzione della terapia oncologica. Per questo motivo, la prevenzione e la gestione delle reazioni cutanee stanno acquisendo una rilevanza sempre maggiore nell’ottica di promuovere l’aderenza alla terapia, nonché il benessere delle pazienti.”

13 Novembre 2023

AIOM: Massimo Di Maio presidente eletto degli oncologi da oggi Francesco Perrone nuovo presidente nazionale

Il professor Massimo Di Maio, Direttore dell’Oncologia Medica Universitaria dell’Ospedale Molinette, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino, è il nuovo Presidente Eletto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM). L’elezione é avvenuta durante il XXV Congresso nazionale della Società Scientifica che si é concluso nel week end a Roma ed ha visto la partecipazione di oltre 3.000 specialisti da tutta Italia. Entrerà in carica nel 2025. Il Consiglio Direttivo Nazionale 2023/2025 è composto da Francesco Perrone (Presidente), Massimo Di Maio (Presidente Eletto), Nicola Silvestris (Segretario), Rossana Berardi (Tesoriere). I nuovi consiglieri nazionali sono: Antonella Brunello, Giuseppe Curigliano, Alessandra Fabi, Matteo Lambertini, Tiziana Pia Latiano, Nicla Maria La Verde, Filippo Pietrantonio e Marcello Tiseo. Il Past President di AIOM Saverio Cinieri guiderà invece nel prossimo biennio la Fondazione AIOM. Napoletano ma torinese d’adozione, classe 1975, Di Maio é professore ordinario di Oncologia Medica presso il Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino e Direttore dell’Oncologia Medica Universitaria dell’Ospedale Molinette, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino. “Ringrazio tutti i soci AIOM per la fiducia riposta – afferma il professore -. Il mio impegno sarà rivolto, nel biennio di presidenza, a potenziare ulteriormente l’AIOM continuando nelle importanti attività già avviate dai miei predecessori.
In primis vogliamo valorizzare i giovani con nuovi progetti di educazione e formazione. L’oncologia medica è in rapida evoluzione e le nostre conoscenze devono essere costantemente aggiornate. Ai giovani dell’AIOM dobbiamo soprattutto insegnare la metodologia della ricerca clinica, così essenziale in oncologia, e ad avere spirito critico nei confronti delle nuove evidenze scientifiche. Ho svolto per quattro anni il ruolo di Segretario Nazionale della Società Scientifica e ho capito quanto sia importante l’interlocuzione tra i soci attraverso tutti i mezzi di comunicazione. Dobbiamo perciò perfezionare anche la nostra organizzazione interna per far sentire sempre più la nostra Società Scientifica come una “Casa Comune” di tutti gli specialisti medici. Circa la metà dei soci AIOM sono giovani colleghi e rappresentano una preziosa risorsa e cercherò di dare un peso sempre maggiore alle loro iniziative”. “L’oncologia italiana è una delle eccellenze del sistema sanitario nazionale che a sua volta si basa sull’universalità – prosegue Di Maio -. Un paradigma che è a volte è minacciato visto il perdurare di forti disparità territoriali, soprattutto nell’accesso alle cure e alla migliore assistenza possibile. Una Società Scientifica come AIOM svolge un ruolo importante, per esempio, attraverso la produzione e l’aggiornamento delle Linee Guida. Sono, infatti, strumenti importanti per uniformare i trattamenti anti-tumorali in tutto il nostro Paese. Dobbiamo anche continuare nel dialogo con le istituzioni sanitarie, nazionali e regionali, per trovare nuove soluzioni ai problemi. Sempre nell’ottica di garantire a tutti le terapie più efficaci e innovative va incentivata la ricerca che è parte stessa della cura. Bisogna maggiormente valorizzare la figura dello Study coordinator, ovvero il professionista che coordina le attività non mediche previste dagli studi clinici. Tutti questi punti saranno al centro della mia futura presidenza di AIOM e intendo portarli avanti con il prezioso aiuto del nuovo Direttivo Nazionale”. Inizia oggi il biennio di presidenza dell’AIOM di Francesco Perrone. E’ Direttore della Struttura Complessa Sperimentazioni Cliniche dell’Istituto Tumori Pascale di Napoli, è il nuovo presidente dell’AIOM-Associazione italiana di Oncologia Medica. Napoletano, classe 1962, sposato e padre di tre figli, Francesco Perrone a partire dal 1995 ha svolto, all’Istituto Nazionale dei Tumori di Napoli, attività di progettazione, conduzione, analisi e pubblicazione di sperimentazioni cliniche. “Guardiamo con fiducia e ottimismo ai progressi diagnostici e terapeutici, che stanno cambiando in meglio il volto della nostra disciplina – afferma Francesco Perrone -. Dalla capacità di sondare l’infinitamente piccolo per individuare con sempre maggiore precisione le terapie migliori per chi si ammala, alla maturazione della ricerca farmacologica che sembra in grado di portare a sintesi le rivoluzioni terapeutiche dei decenni scorsi, producendo nuovi farmaci che, speriamo, faranno sempre più male al cancro e sempre meno male ai pazienti. Non possiamo però ignorare i problemi che riguardano la sostenibilità di questo progresso medico-scientifico”. “AIFA è un nostro partner necessario, con cui vogliamo avere un rapporto privilegiato – spiega il Presidente AIOM -. Per questo chiediamo che la riforma dell’ente regolatorio sia portata a termine quanto prima. L’importanza della partnership con AIFA è dimostrata anche dalla presentazione dei dati avvenuta al Congresso AIOM, relativi alle caratteristiche basali di 420mila pazienti ricavate dai registri AIFA e confrontate con quelle dei pazienti coinvolti negli studi registrativi delle molecole. Sono emerse differenze importanti: i pazienti dei registri AIFA presentano un’età mediana di 5 anni in più, con un +17% di over 65. Questo si traduce in persone più fragili, caratterizzate da più comorbidità. Da qui il ruolo sempre più centrale dei dati ‘real world’”.
Rossana Berardi, nuovo Tesoriere AIOM, è Ordinario di Oncologia Medica all’Università Politecnica delle Marche e Direttrice della Clinica Oncologica all’AOU delle Marche. E’ anche Presidente di Women For Oncology Italy (associazione nata da una costola di Esmo-European Society for Medical Oncology) e coordinatrice del progetto One Healthon. Il prof. Nicola Silvestris è ordinario di oncologia medica dell’Università di Messina. E’ stato recentemente eletto anche consigliere nazionale del GOIM (Gruppo Oncologico Italia Meridionale). Sarà il Segretario Nazionale AIOM per il prossimo biennio.

13 Novembre 2023

Nanofarmaci per la cura di sarcomi e melanoma “Miriamo a definire nuovi standard di trattamento”

– Le nanotecnologie per la cura dei sarcomi dei tessuti molli e del melanoma. La strada è aperta dal progetto PEGASO, coordinato dall’IRST “Dino Amadori” IRCCS di Meldola (FC) e realizzato grazie a un finanziamento complessivo del Ministero della Salute nell’ambito della Ricerca Finalizzata pari a 450mila euro.

I sarcomi dei tessuti molli sono tumori rari (circa 2.300 nuove diagnosi ogni anno in Italia), che in due casi su tre si formano a livello degli arti o del tronco superficiale. La sopravvivenza a 5 anni raggiunge solo il 15% nella malattia metastatica perché l’attuale standard di cura costituito dalla chemioterapia offre esiti molto limitati. Nel melanoma, il più aggressivo tumore della pelle (12.700 nuovi casi stimati in Italia nel 2022), l’immunoncologia e le terapie mirate hanno radicalmente cambiato le prospettive terapeutiche migliorando la sopravvivenza, ma vi è ancora una percentuale di pazienti che non risponde a queste cure o sviluppa resistenza. Il progetto PEGASO (acronimo di Nanotechnology-based Platforms for the improvEment of therapeutic strateGies in soft tissue sArcoma and melanoma leSiOns), che si concluderà nel 2026, ha due obiettivi indipendenti. Da un lato, definire nuovi standard di cura in queste due neoplasie utilizzando un nanofarmaco che nei test di laboratorio ha già dimostrato benefici nel carcinoma della mammella triplo negativo. Dall’altro, proprio attraverso la nanotecnologia, aumentare l’efficacia di un vaccino terapeutico antitumorale.

Enti partner sono il Dipartimento di Chimica dell’Università di Bologna (referenti dott. Damiano Genovese e prof.ssa Maria Letizia Focarete) e l’IRCCS Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna (Il direttore del reparto di Osteoncologia, Sarcomi dell’osso e dei tessuti molli e Terapie innovative dottor Toni Ibrahim e i collaboratori dottor Giorgio Frega e dottoressa Laura Mercatali).

Il principio alla base delle strategie studiate è la capacità di sfruttare le dimensioni infinitesimali di una particella – nell’ordine di nanometri, miliardesimi di metro – per penetrare le barriere cellulari di un tumore. Una particella di circa 100 nanometri, infatti, è in grado di entrare nella cellula, che ha un diametro compreso fra i 10.000 ai 20.000 nanometri, e di interagire con il DNA e con le proteine. “La nanotecnologia può superare la barriera del cancro, finora impermeabile ad alcune terapie standard, e rappresenta una strategia molto promettente per veicolare terapie antitumorali direttamente nelle cellule malate con estrema precisione – afferma Alessandro De Vita, farmacista ricercatore del Settore di Preclinica e Osteoncologia del Laboratorio di Bioscienze dell’IRST ‘Dino Amadori’ IRCCS, Principal Investigator di PEGASO affiancato dalla biotecnologa Jenny Bulgarelli –. Le nanoparticelle, che funzionano come droni, sono in grado di attraversare la massa densa che circonda il cancro e di trasportare il farmaco antitumorale in maniera selettiva nelle cellule malate, in concentrazioni maggiori e senza danneggiare i tessuti sani. Siamo di fronte alle più avanzate terapie a bersaglio molecolare. In questo modo, è possibile migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita del paziente. Crediamo fermamente che le nanoparticelle utilizzate come piattaforma innovativa per la veicolazione di farmaci antitumorali possano migliorare la specificità e l’efficacia delle cure”.

In particolare, lo studio PEGASO mira ad approfondire il meccanismo d’azione di un nanofarmaco, il LIPO-LOX, sviluppato dai ricercatori IRST in dieci anni di studi e che ha già evidenziato, nei test di laboratorio, risultati positivi nel carcinoma mammario triplo negativo, per analizzarne il ruolo anche nel trattamento dei sarcomi e dei melanomi con mutazione del gene BRAF. “LIPO-LOX è un liposoma – spiega De Vita – una particella di dimensioni nanometriche ingegnerizzata con un anticorpo monoclonale per colpire specificamente le cellule tumorali. Dal campione chirurgico del paziente vengono isolate le cellule tumorali, per essere coltivate in laboratorio ed esposte al nanofarmaco. Altro obiettivo di PEGASO è utilizzare la piattaforma nanotecnologica come strategia di stimolazione della risposta immunitaria con un vaccino antitumorale. Una delle ipotesi cui vogliamo dare risposta è che abbinare nanofarmaci con vescicole di rilascio dell’Rna tumorale possa rendere più efficace il vaccino ripristinando così il sistema immunitario del paziente aiutandolo a contrastare la malattia”.

“Siamo orgogliosi di promuovere il Progetto PEGASO – spiega Giovanni Martinelli, Direttore Scientifico dell’Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori ‘Dino Amadori’, IRST IRCCS di Meldola –. Questa iniziativa rientra tra i progetti di Ricerca Finalizzata, nella categoria Giovani Ricercatori, che il Ministero della Salute seleziona tra quelli meritevoli di sostegno economico. È unica e originale, con l’obiettivo ambizioso di aprire nuove vie nel trattamento di patologie come i sarcomi dei tessuti molli, che molto spesso colpiscono i giovani. E, nel melanoma, è fondamentale comprendere i meccanismi di resistenza alle cure e aumentare il numero di pazienti in cui la malattia diventa cronica o si raggiunge la guarigione. Non va dimenticata la prevenzione di questa neoplasia della pelle, che consente di salvare vite. All’IRST, che dispone di due Skin Cancer Unit, ogni anno vengono eseguite circa 1000 escissioni di melanomi in situ, cioè di lesioni in stadio iniziale guaribili con l’intervento chirurgico. Il Progetto PEGASO è il coronamento del lavoro di 10 anni dei nostri ricercatori nel campo delle nanotecnologie e della collaborazione con i più importanti centri al mondo di ricerca sui nanofarmaci, come il Methodist Hospital Research Institute di Houston. Nel nostro Istituto – conclude il Prof. Martinelli – abbiamo una Cell Factory autorizzata dall’Agenzia Italiana del Farmaco per la produzione di Medicinali per la Terapia Avanzata (ATMP) con circa 20 anni di esperienza nella produzione di un vaccino antitumorale a base di cellule dendritiche. Siamo uno tra i pochissimi centri in Italia a poter somministrare questo vaccino e molti pazienti vengono da fuori Regione per ricevere la cura”.

11 Novembre 2023

Tumori: in Italia il 40% degli studi clinici riguarda l’oncologia

Roma, 11 novembre 2023 – In un anno (2021-2022), in Italia, gli studi clinici indipendenti, cioè non sponsorizzati dall’industria farmaceutica, sono passati dal 22,6% al 15% del totale, e prosegue il trend in calo per il 2023. Una diminuzione di oltre il 7% solo in 12 mesi, che rischia di impoverire fortemente il sistema della ricerca no profit del nostro Paese, soprattutto in aree molto critiche come l’oncologia. Servono personale, infrastrutture digitali, risorse economiche e organizzative. L’Italia, con 99 ricercatori ogni 100mila abitanti, è al quartultimo posto in Europa e ben al di sotto della media continentale (pari a 143). Mancano data manager (figura professionale destinata ancora oggi diffusamente alla precarietà nel nostro Paese), infermieri di ricerca, bioinformatici, esperti in revisione di budget e contratti. Il finanziamento pubblico in questo settore è da sempre sottodimensionato in Italia. Per questo, la FICOG (Federation of Italian Cooperative Oncology Groups) chiede alle Istituzioni un deciso cambio di marcia e un incontro urgente per delineare una strategia unitaria, coordinata e condivisa. Una svolta che può essere realizzata solo con la definizione di una Rete Nazionale della ricerca clinica in oncologia. La richiesta viene dal XXV Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), in corso a Roma.

“Nel 2022 sono state autorizzate 663 sperimentazioni dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e quasi il 40% ha riguardato l’oncologia, una percentuale costante negli ultimi anni – spiega Carmine Pinto, Presidente FICOG -. Non è così per la ricerca accademica non sponsorizzata. Le difficoltà a cui va incontro sono sintetizzate nella diminuzione degli studi indipendenti: da 185 nel 2021 (22,6% del totale) a 98 nel 2022 (15%), ed il trend è in riduzione anche per il 2023. Pur avendo poche risorse a disposizione, gli studi condotti in Italia hanno cambiato la pratica clinica a livello nazionale e internazionale in diversi tipi di tumori, portando alla modifica di linee guida e raccomandazioni. E i lavori scientifici italiani in ambito oncologico sono tra i più citati al mondo. Il drastico calo delle ricerche indipendenti, però, impone un cambio di passo e una programmazione unitaria”.

Il Regolamento europeo 536 del 2014 ha uniformato il processo di valutazione e autorizzazione di uno studio clinico condotto in più Stati membri. “La norma comunitaria, a cui si è adeguato anche il nostro Paese – afferma Saverio Cinieri, Presidente AIOM -, ha stabilito principi fondamentali che riguardano la standardizzazione e l’uniformità dei processi e del fascicolo autorizzativo, la semplificazione amministrativa, la certezza dei tempi di valutazione e approvazione, la garanzia di qualità e del monitoraggio degli studi clinici e la partecipazione e informazione consapevole dei pazienti”.

Come previsto dal Regolamento europeo, nell’ambito degli studi multicentrici profit e no profit è necessario identificare le caratteristiche dei trial per definirne il livello di complessità e le rispettive caratteristiche richieste per i centri, elementi questi che dovranno rappresentare un riferimento per i Comitati Etici. Nella sottomissione di uno studio, il promotore è garante che i centri selezionati presentino i prerequisiti che ne permettano insieme lo svolgimento in sicurezza per i pazienti ed il mantenimento di una buona qualità nelle procedure cliniche e nella gestione dei dati.

“Nel 2022 – sottolinea Carmine Pinto – sono state evidenziate importanti differenze nel numero di sperimentazioni valutate dai singoli Comitati Etici, che vanno dal 10% del totale allo 0,2%. Queste marcate differenze, che sono da imputare a problemi strutturali e organizzativi, ci auguriamo verranno risolte con la piena attuazione della riforma dei Comitati Etici. La ricerca accademica per adeguarsi al Regolamento Europeo risulta penalizzata quindi dalla scarsità di risorse economiche, di personale e tecnologiche, dalle criticità infrastrutturali e dalle numerose e ancora non risolte problematiche amministrative. Inoltre, devono essere ancora definiti alcuni aspetti, tra cui l’identificazione delle caratteristiche dei centri che fanno ricerca, per cui abbiamo già avanzato proposte alle Istituzioni”. “FICOG insieme a FADOI, GIMEMA, ACC e GIDM ha avuto un incontro con i rappresentanti del Ministero della Salute lo scorso giugno – continua il Presidente Pinto -. Da allora non siamo più stati riconvocati. Chiediamo alle Istituzioni di essere ascoltati quanto prima, per non perdere il grande patrimonio di conoscenze prodotto dalle sperimentazioni indipendenti: dagli studi su nuove terapie, a quelli sulle sequenze terapeutiche e sull’aderenza ai trattamenti, sulla qualità di vita e sulla valutazione dell’effectiveness dei nuovi farmaci nella fase post-registrativa”.

“FAVO ritiene assolutamente prioritario il potenziamento della ricerca accademica, perché soltanto attraverso le sue sperimentazioni cliniche sarà possibile dare risposte urgenti ed adeguate alle crescenti ed ancora largamente insoddisfatte richieste di studi e ricerche che abbiano come obiettivo di maggiore rilevanza la qualità di vita, terzo pilastro della Mission on Cancer e successivamente pienamente recepito anche dal Piano Oncologico Nazionale, di recente approvazione – conclude  Francesco De Lorenzo, Presidente FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) -. La partecipazione diretta ed attiva delle Associazioni dei Pazienti alle sperimentazioni cliniche ed a progetti di ricerca è da tempo una realtà in Europa, mentre in Italia solo FAVO ed UNIAMO hanno ottenuto, nello scorso febbraio, l’approvazione di una mozione alla unanimità da parte della Camera dei Deputati per il riconoscimento del diritto della partecipazione dei Pazienti ai progetti di ricerca che si basino sulla centralità dei malati di cancro”.